Scrivendo del percorso autogestionario nelle valli del Lazio orientale è stato citato più volte il rapporto tra conflitto sociale e progetti di liberazione.
Un nodo teorico e pratico, esemplificativo di questo rapporto, è quello intorno alle sementi, all’erosione genetica vegetale ed animale, alla biodiversità, al nesso tra le aree selvatiche gli agrosistemi ed i centri urbani.
Questo tema lo stiamo affrontando sia nel territorio, sia nei collegamenti nazionali ed internazionali che abbiamo come situazioni.
Proviamo ad approfondire, senza tediare chi legge (almeno ci si prova!).
Alcune premesse, veloci e necessarie :
La storia dell’agricoltura, come la storia umana è, anche, storia di lotta di classe. È, anche, storia di dominio e sfruttamento sulle persone e sulle risorse, nel tentativo di “normare” e sottomettere la natura tutta. È, anche, la storia della risposte individuali e collettive che le classi subalterne danno nel tempo.
Gli ultimi centoventi anni ( circa), vedono la nascita e l’estensione dell’agricoltura industriale, e del rapporto sociale capitalista, che la sottende.
In questo percorso i tratti salienti sono individuabili nell’integrazione e concentrazione proprietaria nei diversi comparti che la caratterizzano, cioè nel settore a monte quello chimico\sementiero e delle macchine per la produzione; nel lavoro nel campo; nel settore a valle, quello della trasformazione e distribuzione dei prodotti agricoli .
Il comparto delle sementi si caratterizza, fin dagli albori delle modalità industriali, come teso a costruire rendita , da parte dei grandi gruppi costituitosi in oligopolio, attraverso il controllo della riproducibilità delle sementi. Si ha per questo la scelta della moltiplicazione per ibridazione, con base genetica molto stretta ma con rese maggiori se protette dai concimi, antiparassitari, anticrittogamici, disserbanti prodotti dall’industria chimica.
Gli ibridi industriali, per le necessità della produzione standardizzata, sono praticamente sterili, perdono cioè nelle semine successive quelle caratteristiche che le rendono competitive nella produzione delle merci agricole.
Questo in alternativa alle metodologie tradizionali e contadine, con migliaia di anni di storia ed alla portata di competenze semplici, quindi replicabili basate sul( relativo) isolamento, modalità che amplifica la biodiversità.
Si cominciano ad introdurre i brevetti nella moltiplicazione delle sementi, quindi si introduce una sterilità “giuridica”.
Si inizia, quindi, il controllo sempre più stretto sull’anello “autonomo”, quello della possibilità si riseminare i propri semi da parte degli agricoltori.
La ricerca scientifica, l’industria, i trattati internazionali, il trattare sempre di più la natura tutta come merce, ha prodotto, negli anni più recenti, sempre più controllo monopolista. E sempre più morti per fame, scarso nutrimento, inquinamento dei terreni e delle falde acquifere.
A questo si affianca il restringimento della base genetica delle semi, la diminuzione della biodiversità sia vegetale che animale con la scomparsa di molteplici varietà che non vengono
più coltivate od allevate.
Tutto questo contribuisce al degrado dell’intero’ecosistema. E accresce gerarchie e comando.
Per metterci una toppa verranno create delle”banche del germoplasma”, a partire dagli anni’50 dello scorso secolo, nelle aree di origine ed in quelle di variabilità delle sementi.
In Italia ce ne è una a Bari, gestita dal CNR. Nate come pubblico\private, patrocinate dalla FAO, nel tempo verranno copiate dalle multinazionali. Quelle “pubbliche” cominciano a deperire per mancanza fondi e , come in Italia, perderanno gran parte delle collezioni!
La ricerca legata al capitale trova sempre nuove strade per perpetuare dominio e sfruttamento. Si arriva infatti, in tempi relativamente recenti , alla produzione di organismi geneticamente modificati (OGM). Spacciati, come al solito, per elementi migliorativi nella vita delle campagne (sic!) e per la sicurezza dei consumatori ( arisic!!).
Gli OGM sono realmente sterili e protetti da brevetti, compatibili con prodotti chimici sempre più inquinanti ( almeno per accumulo nel tempo) , sempre più tossici per lavoratori
e consumatori.. Sempre più profittevoli per le industrie e la finanza.
Questo, in estrema sintesi, è lo stato dell’arte.: si accelera il degrado ambientale,la distruzione della biodiversità, il controllo del ciclo della vita da parte delle imprese multinazionali, la fine dell’agricoltura come incontro tra umanità e natura, la fine dell’autonomia alimentare per individui e popolazioni.
La risposta a questo attacco continuo alle condizioni di vita nasce dalla resistenza pratica dei contadini : IO SEMINO E RISEMINO! Da pratica ancestrale legata alla sopravvivenza della famiglia e\o della comunità locale a terreno di consapevolezza sociale
Questo passaggio si sta realizzando attraverso l‘estensione ed il collegamento delle piccole riserve familiari con il passaggio a mutue di territorio. Con scambio di semi e di piantine, sia delle antiche varietà , sia riadattando semi selezionate, attraverso semine successive che tirano fuori i caratteri ancestrali interessanti, “rirusticizzandole” .
Da diversi anni, partendo dal materiale vegetativo che si custodisce a livello familiare, dal rapporto con i contadini vicini di terra, allargandolo attraverso assemblee locali abbiamo avviato una mutua delle sementi autoctone e contadine nel territorio dell’alta valle del Sacco
All’inizio come individualità poi attraverso il laboratorio per l’ecologia sociale, relazionandoci con altri, dando vita a strutture locali di mutua, replicate negli altri territori in cui è presente il connettivo terraterra ( rete d’incontro tra realtà contadino\rurali e le realtà urbane del centro sud italiano) , federato in genuino clandestino , rete stabile di contadini critici in allargamento nazionale. La pratica condivisa è l’autogestione territoriale delle raccolte, il lavoro locale sulle schede, la comunicazione , l’approfondimento sul tema, la formazione, la ricerca di vivaisti locali per moltiplicare in modo più sistematico. Ci sono altre reti di base, sul terreno nazionale ed internazionale, con cui si è in contatto. In contemporanea abbiamo allargato il rapporto con i territori limitrofi al nostro sui diversi aspetti rurali ed il tema semi è centrale. Si è dato vita ala rete “zolle nomadi” tra le valli del Lazio orientale. Come vedete tutte piccole cose rispetto alla portata del problema, foriere comunque di pratiche autogestionarie, federaliste, d’azione diretta.
Allo stato attuale , nel nostro territorio stiamo salvando alcune decine di specie tra orticolle ed arboree, composte da un centinaio di varietà. Stiamo organizzando le schede e la comunicazione..
Queste iniziative le consideriamo necessarie ma non sufficienti, naturalmente. È necessario collegarci con i ricercatori e lavoratori del settore per impedire i degrado delle banche pubbliche ed il loro uso “privatistico”. È necessario andare oltre la denuncia del ruolo distruttore delle imprese chimico\sementiere. È necessario, e possibile, allargare le pratiche dell’agricoltura contadina e difendere gli spazi che si costruiscono. Far viverre questi temi nel movimento più ampio di liberazione del\dal lavoro salariato, e dal dominio. Collegare , appunto, conflitto e progetto.
bak