Oltre le frontiere. La resistenza delle comunità federaliste e libertarie tra Siria e Iraq

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La scorsa settimana la notizia della decapitazione di un giornalista
statunitense, il trentunenne Steven Sotloff ha occupato le prime pagine
dei giornali, sia pure con enfasi minore rispetto alla decapitazione del
collega James Foley, che metteva in scena uno spettacolo comunicativo il
cui obiettivo è ben al di là della minaccia agli Stati Uniti, per
investire direttamente una più vasta platea internazionale, la stessa da
cui provengono i miliziani dell’IS.

La coreografia (la tunica arancio che richiama le tute dei prigionieri
di Guantanamo), la demolizione del mito del “nero” Obama e le sue promesse
mancate, le minacce all’islam sciita, sono messaggi semplici ma potenti,
capaci di dare forza all’immaginario dell’islam radicale.
Sui media main stream ci sono diversi attori: i feroci seguaci del
califfo Al Baghdadi, i “curdi”, “l’imbelle” governo iracheno. Più sullo sfondo
il regime dell’alawita Bashar el Hassad, contro il quale gli Stati Uniti
hanno armato le formazioni islamiste che concorrono alla conquista del
paese, il maggior sponsor di Hassad, la Russia putiniana, la Turchia che
ha finanziato l’Is.

Il termine “curdi” nasconde più di quanto non riveli. I curdi di cui
narrano i media nostrani – diversa è l’informazione negli stessi Stati
Uniti – sono quelli della zona dell’Iraq sotto il controllo del PDK di
Mas’ud Barzani, alleati con gli Stati Uniti, e “naturali” destinatari
delle armi promesse anche dal governo italiano.
Mai entrate nella scena mediatica le formazioni guerrigliere del Rojava
(Siria nord orientale) protagoniste della controffensiva che ha liberato
numerose zone occupate dell’IS, che, curiosamente, ha interrotto la
propria marcia su Baghdad per attaccare le zone curde controllate dalle
formazioni libertarie, federaliste e femministe del Rojava e di alcune
zone dello stesso Iraq.
Non per caso nel mirino dell’IS è entrato il campo profughi di Makhmur,
che da vent’anni ospita curdi sfuggiti alle persecuzioni contro il PKK
in
Turchia.

Per capirne di più ne abbiamo parlato con Daniele Pepino, un compagno
che conosce bene le zone curde che stanno sperimentando il confederalismo
democratico.

Di seguito un lungo articolo di Daniele che ci fornisce il lessico
essenziale per meglio capire la partita che si sta giocando tra Siria,
Iraq. E non solo.
Per la prima volta da decenni il percorso intrapreso in Rojavà narra una
storia che apre prospettive che vanno ben al di là delle montagne curde.

Le notizie dal Vicino e Medio Oriente si susseguono a un ritmo
incalzante.
Il Kurdistan si trova, ancora una volta, nell’occhio del ciclone,
dilaniato dall’esplodere delle tensioni tra le potenze regionali che si
spartiscono il suo territorio.

Non è semplice, in un simile scenario, fornire un quadro della
situazione che non sia immediatamente superato dall’incedere degli eventi. I
quintali di notizie, parole, immagini, vomitati dai mass media, invece di
chiarire la complessità dello scenario mediorientale, contribuiscono a spargere
una confusione che è tutt’altro che casuale.

Perciò ci sembra prioritario – nei limiti di quanto è possibile fare in
un breve articolo – provare a fornire qualche strumento interpretativo
utile a comprendere le dinamiche in corso con uno sguardo di più lungo periodo
rispetto alla cronaca emergenziale del giorno dopo giorno.

Da un lato, è necessario ricordare come quel che accade in Kurdistan (e
più in generale in Medio Oriente) sia sempre, anche, il precipitato
dell’interazione di forze esterne, a cominciare dagli Stati che ne
occupano il territorio, ossia la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran (a
loro volta, peraltro, veicoli di uno scontro di interessi su scala
mondiale).

Dall’altro, è bene sottolineare come ciò non precluda l’esistenza di
specifiche dinamiche locali, le quali, anzi, dimostrano sempre più
spesso come proprio questi momenti di crisi e disfacimento possano
rappresentare le crepe da cui emergono nuovi percorsi di autonomia, rivolta e
protagonismo popolare.

L’immagine costruita dal discorso mediatico dominante racconta,
sostanzialmente, di una folle guerra di fanatici terroristi musulmani
contro i quali l’Occidente è costretto a intervenire (per ragioni
umanitarie, ça va sans dire!) appoggiando le uniche forze al momento in
grado di opporvisi, ovvero “i curdi”. Per fornire qualche antidoto alle
ambiguità e ai silenzi che caratterizzano tale ricostruzione, ci pare
utile, in primo luogo, delineare chi sono realmente le forze in campo,
cosa rappresentano, quali identità e progettualità incarnano (in
particolare nel campo curdo). In secondo luogo [nella prossima
“puntata”], proveremo a sondare i percorsi di autonomia popolare che nonostante
tutto
– compresa una censura mediatica impressionante – resistono e
rappresentano una forza di rottura per niente trascurabile (sia da un
punto di vista politico che militare), in particolare nel Kurdistan
siriano (Rojava). Infine, cercheremo di abbozzare qualche riflessione di
portata più generale sul senso degli eventi in corso.

Qui potete leggere il resto dell’articolo e vedere un video – tradotto
in italiano – dove dove alcune donne raccontano la scelta di entrare nelle
YPJ, formazioni di autodifesta popolare costituite da sole donne:

http://anarresinfo.noblogs.org/2014/09/10/oltre-le-frontiere-la-resistenza-delle-comunita-federaliste-e-libertarie-tra-siria-e-iraq/

Genuino Clandestino a Roma il 16\17\18 MaggioANOMALIE CONTADINE CONTRO ED OLTRE LO STATO PRESENTE DELLE COSE

La tre giorni d’incontri, tavoli di lavoro, scambio di idee e prodotti contadini ed artigiani, convivialità, teatro musica si è conclusa con un primo bilancio di positività sia per i numeri dei partecipanti sia per la qualità dei dibattiti e della proposte.
Quest’incontro lo riteniamo particolarmente significativo. Abbiamo avvertito un salto di qualità. Come dichiara un nostro manifesto :
“ Genuino Clandestino nasce nel 2010 come una campagna di comunicazione per denunciare un insieme di norme ingiuste che, equiparando i cibi contadini trasformati a quelli delle grandi industrie alimentari, li ha resi fuorilegge. Per questo rivendica fin dalle sue origini la libera trasformazione dei cibi contadini, restituendo un diritto espropriato dal sistema neoliberista.”

Si è partiti dalle necessità di resistenza delle singolarità e delle situazioni rurali. Ci si è coordinat* a partire da momenti di organizzazione territoriale ( Campi Aperti nel centro\N , terra\TERRA nel centritalia, ‘ A RAGNATELA nel centro\S. In questi quattro anni si sono sviluppati incontri, manifestazioni, dibattiti internazionali, approfondimenti che hanno permesso di chiarire metodi e meriti di una percorso di liberazione dal dominio e dallo sfruttamento. Dalla tirannia degli stati e del lavoro salariato. Lungo la strada abbiamo incontrato molte altre “ terre in rivolta” e rivolta terra! Nella tre giorni di Roma si è evidenziata la possibilità di affiancare alla resistenza i progetti in via di condivisione, restituendo le analisi alle realtà territoriali, ascoltando le reazioni ed i supplementi di dibattito, costruendo i percorsi e le pratiche condivise.
Certo, la scelta di un incontro nazionale di Maggio è stata penalizzante in quanto è un periodo di forte impegno nelle attività agricole. I risultati sono stati comunque confortanti : centinaia di persone nei tavoli di lavoro e nelle assemblee, migliaia nei diversi eventi della tre giorni. Con le decine di situazioni che in questi anni si sono aggregate.
I tavoli hanno evidenziato i diversi temi e problemi ( alleanze tra le lotte di campagna e quelle di città; come rideterminare i territori; le minacce globali all’agricoltura : dai trattati e regolamenti internazionali alla grandi opere come expo 2015; le vecchie e nuove resistenze contadine; gli ogm e la biodiversità; il lavoro bracciantile; l’allevamento nell’agricoltura contadina) ed una loro sintesi articolata sarà disponibile a breve. Ovviamente le posizioni non sono state univoche. Si è sviluppato un dibattito franco che ha evidenziato la tendenza generale a percorsi che favoriscono il protagonismo delle individualità e situazioni locali, le pratiche di autogestione, il rifiuto di scorciatoie politiciste e spettacolari,l’uso eventuale di vertenze nel rifiuto del vertenzialismo, le pratiche del mutuo appoggio, l’attenzione condivisa e partecipata agli eventi dei\nei territori. Verso l’autorganizzazione del lavoro bracciantile, nelle lotte e nella cooperazione sociale. Si viaggia verso la condivisione di una cassa di resistenza e si ha una convergenza operativa su alcuni temi, a partire da quello che a giugno ci vedrà intervenire collettivamente a Mondeggi (FI). La “fattoria senza padroni”, esperimento collettivo contro la vendita delle terre pubbliche, rilancia articolando un incontro per i giorni 27\28\29 giugno dove ci si confronterà anche su casa, lavoro, rifiuti,salute. Si discuterà di sinergie con le situazioni e movimenti urbani. Di lotte ed alleanze .
Si è concordato di dare informazione sulle diverse lotte e presenze nei territori facendole diventare iniziative condivise ,mantenendo la centralità e l’autogestione dei territori stessi ( a Milano per l’expo, in Friuli per le coltivazioni ogm) .
E’ stato redatto un comunicato di solidarietà ai compa* del Chapas (Mexico) a seguito del brutale assassinio del compagno Luis Solis Lopez “ Galeano”, contadino e zapatista, infamia realizzata dai paramilitari legati al governo locale e federale..
È difficile sintetizzare tre giorni ricchi e piacevoli. Chiudo rimandando ad altri scritti, scrivendo il finale di un manifesto di genuino clandestino che evidenzia le nostre modalità di collegare conflitto sociale e progetti di liberazione. Ulteriori notizie delle collettività in lotta per l’autodeterminazione alimentare le trovate nei blog di genuino clandestino, terraTERRA, campi aperti, ‘a ragnatela e molti altri da cercare, tra cui a giorni quello di zollenomadi (resistenze contadine della valle del Sacco e dell’Aniene).
“Genuino Clandestino è un movimento con un’identità volutamente indefinita. Al suo interno convivono singoli e comunità in costruzione, è aperto a tutt*, diffida di gerarchie e portavoce e non richiede nessun permesso di soggiorno o diritto di cittadinanza; è fiero di essere Clandestino e porterà avanti le sue lotte e la sua esistenza con o senza il consenso della Legge.
Chiunque si riconosca nei principi di questo manifesto potrà divulgare e usare lo stesso per rivendicare le proprie azioni.
Genuino Clandestino è un movimento antirazzista, antifascista e antisessista”
bak

VANDANA SHIVA AI GIOVANI ITALIANI: OCCUPATE LA TERRA COSÌ COME OCCUPATE LE PIAZZE!

Un Articolo di qualche anno fa, ma ancora molto attuale…
Vandana

VANDANA SHIVA AI GIOVANI ITALIANI: OCCUPATE LA TERRA COSÌ COME OCCUPATE LE PIAZZE!
Un intervista rilasciata da Vandana Shiva sul pericolo dell’alienazione delle terre pubbliche programmata dal governo Monti. I governi hanno fallito nel loro ruolo, la terra è l’unica salvezza, e va messa in mano a chi la coltiva.

L’accesso alla terra è sempre più difficile, perché la terra fa gola agli speculatori e ai palazzinari. Lo Stato italiano, per esigenze di cassa, ha pensato bene di mettere in vendita i terreni demaniali, non solo quelli su cui ha un effettivo diritto di proprietà, ma anche quelli su cui insistono i secolari diritti degli “usi civici”. Ci stiamo letteralmente scavando il terreno da sotto i piedi, perché senza terra non c’è futuro. Sul portale di Navdanya International si è affrontato l’argomento con un intervista a Vandana Shiva, la nota scienziata ed attivista indiana, che insiste su un argomento: i governi hanno fallito il loro compito di rispondere ai bisogni della popolazione. La Terra è l’unico luogo dove tornare. Pubblichiamo per intero l’intervista:

“La terra sostiene la nostra vita sulla Terra, e la Terra non discrimina tra giovani e vecchi, ricchi e poveri, per lei tutti i figli sono uguali.
Noi siamo legati alla Terra dal momento che ognuno riceve una giusta, equa e sostenibile parte di risorse: la biodiversità e i semi, il cibo che i semi ci procurano, la terra su cui possono crescere i cibi, l’acqua che scorre nei nostri fiumi e anche l’aria dell’atmosfera che respiriamo. La più grande sfida che dobbiamo fronteggiare oggi è quello che ho chiamato la rapina dei nostri beni comuni da parte delle multinazionali. I semi come beni comuni sono stati sottratti tramite la privatizzazione e brevettazione, l’acqua è stata privatizzata tramite leggi, la terra è stata privatizzata e rubata nei paesi poveri, in India, in Africa, ma anche nei paesi ricchi a causa dell’aggravarsi della crisi economica. Le vere forze che hanno generato la crisi, tramite una morte finanziaria, ora vogliono appropriarsi del benessere reale della società e del futuro, vogliono appropriarsi dell’acqua e della terra.
Penso che in questo momento di crisi, di crisi economica, la terra è l’unico luogo in cui possiamo ritornare per ricostruire una nuova economia; e ogni governo alle generazioni future dovrebbe dire: “non abbiamo molto altro da darvi: abbiamo perso la capacità di darvi lavoro, sicurezza sociale e garantirvi un decente tenore di vita. Ma la terra ha ancora questa capacità, noi consegniamo le terre pubbliche agli agricoltori del futuro: provvedete a voi stessi”. Questo è un obbligo, visto il fallimento dei governi, nell’attuale sistema economico, nel prendersi cura dei bisogni della gente; la terra può prendere cura dei nostri bisogni, la comunità può prendersi cura dei nostri bisogni. E se vogliamo avere un’economia viva, e dobbiamo averla, e se vogliamo avere una viva democrazia, la terra deve essere al centro di questo rinnovamento: dalla morte e distruzione alla vita.
Mettere la terra nelle mani delle generazioni future è il primo passo, e se non lo faranno, seguendo la strada giusta, invito i giovani a occupare la terra così come stanno occupando le piazze; voi dovete fare un dono al futuro dell’umanità.”